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Crisi: Unimpresa, aziende e famiglie lasciano in banca +54mld in un anno

Lo studio dell’associazione sulle riserve degli italiani cresciute complessivamente in un anno di 54,2 miliardi. Nelle banche c’è un tesoro di 1.605 miliardi. Paura di nuove tasse e timori di nuovi contraccolpi della bufera internazionale frenano i consumi e bloccano gli investimenti. Nei salvadanai delle famiglie 36 miliardi in più, mentre i fondi delle imprese sono saliti di 12 miliardi. Boom dei c/c passati da 851 miliardi a 934 miliardi.

Le aziende non investono e le famiglie non spendono, preferendo accumulare: in banca aumentano le riserve, cresciute in un anno di oltre 54 miliardi di euro. In aumento di 36 miliardi i salvadanai delle famiglie, su di quasi 12 miliardi i fondi delle imprese. Questi i dati principale che emerge dalle ricerca del Centro studi di Unimpresa sull’andamento delle riserve delle famiglie e delle imprese italiane, secondo la quale i depositi sono saliti complessivamente di oltre 54 miliardi. Da novembre 2015 ad novembre 2016 il totale dei depositi di cittadini, aziende, assicurazioni e banche è aumentato di oltre il 3% passando da 1.550 miliardi a 1.605 miliardi. Le famiglie non spendono e hanno lasciato in banca 36 miliardi in un anno (+4%), le imprese non investono e i loro fondi sono cresciuti di quasi 12 miliardi (+5%), le banche, invece, hanno assistito a una lieve contrazione della liquidità per 130 milioni (-0,4%), che resta alta e risulta allocata in forme di impiego diverse dal credito. Le riserve delle assicurazioni sono calate di 162 milioni (-0,7%). In aumento i fondi delle imprese familiari sono invece di 4 miliardi (+10%) e quelli delle onlus di oltre 1 miliardo (+5%). A frenare consumi, investimenti e credito sono rispettivamente la paura di nuove tasse, l’assenza di certezze sul futuro, i parametri sui bilanci rigidi. Si registra anche il boom dei conti correnti, cresciuti di oltre 82 miliardi di euro negli ultimi dodici mesi, passando da 831 miliardi a 913 miliardi.

Secondo lo studio di Unimpresa, che incrocia i dati della Banca d’Italia relativi alla raccolta delle banche, il totale dei depositi è passato dai 1.550,9 miliardi di novembre 2015 ai 1.605,1 miliardi di novembre 2016 con un incremento di 54,2 miliardi (+3,50%). I salvadanai delle famiglie sono cresciuti da 888,8 miliardi a 925,5 miliardi con una impennata di 36,6 miliardi (+4,13%); i conti delle imprese familiari sono saliti da 47,1 miliardi a 51,8 miliardi in salita di 4,6 miliardi (+9,96%); i depositi delle organizzazioni non lucrative (onlus) sono aumentati da 24,8 miliardi a 26,1 miliardi in crescita di 1,2 miliardi (+4,91%); i fondi delle aziende sono cresciuti da 222,7 miliardi a 234,6 miliardi in aumento di 11,9 miliardi (+5,36%); i conti di assicurazioni e fondi pensione sono passati da 22,6 miliardi a 22,5 miliardi in calo di 162 milioni (-0,71%); le riserve delle banche sono passate da  344,5 miliardi a 344,4 miliardi in lievissima discesa di 130 milioni miliardi (-0,04%).

Quanto all’analisi per strumento, i conti correnti registrano una variazione positiva di 83,07 miliardi (+9,75%), cresciuti da 851,9 miliardi a 934,9 miliardi, su anche i pronti contro termine di 4,2 miliardi (+2,83%) da 148,4 miliardi a 152,6 miliardi In calo, invece, tutte le altre forme di deposito e raccolta a breve termine: per i depositi rimborsabili con preavviso -1,5 miliardi (-0,52%) da 298,8 miliardi a 297,2 miliardi; per i depositi con durata prestabilita fino a 2 anni calo di -32,3 miliardi (-27,68%) da 116,8 miliardi a 84,5 miliardi, mentre per i depositi con durata prestabilita oltre i 2 anni la diminuzione è di 2,04 miliardi (-1,45%) da 140,8 miliardi a 138,8 miliardi.

“I dati mostrano che le disponibilità finanziarie delle aziende e delle famiglie italiane sono congelate. Se i cittadini accumulano per timore di nuove tasse, le imprese non investono perché non hanno fiducia nel futuro. Discorso a parte va fatto per le banche che registrano una variazione negativa della liquidità, con ogni probabilità dirottata su impieghi diversi dal credito che resta bloccato: ciò da un lato è legato a criteri sui parametri di bilancio troppo rigidi e dall’altro all’assenza di progetti importanti da finanziare” commenta il vicepresidente di Unimpresa, Concetta Cammarata.

 

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