Cassazione Penale, Sez. 4, 02 dicembre 2015, n. 47742 – Ribaltamento del trabattello e caduta a terra del lavoratore. Responsabilità datoriale

SentenzaFatto
1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia in data 17 novembre 2010, appellata da C.M.. Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 590, 1 e 3 comma cod. pen. per aver, in qualità di amministratore unico e responsabile tecnico della ditta “Pentagono Servizi S.r.l. Impianti Elettrici Unipersonale” esercente attività di installazione, ampliamento, trasformazione e manutenzione di impianti di produzione, trasporto, distribuzione ed utilizzazione dell’energia elettrica, cagionato al lavoratore C.C., dipendente della società suddetta, lesioni personali gravi consistenti nell'”ematoma epidurale traumatico”, dalle quali derivava una malattia della durata di sessantaquattro giorni. Colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; in particolare,, in relazione all’attività di stesura dei cavi elettrici all’interno di una canalina metallica eseguita presso il cantiere denominato, “Freccia Rossa” dell’art. 35, comma 4 D.Lgs. 626/1994 e 52 comma 7 DPR 164/1956 per aver omesso di prendere le misure necessarie affinchè le attrezzature di lavoro fossero utilizzate correttamente; nello specifico, per non aver disposto e preteso che nessun operatore stazionasse sul piano in quota del trabattello, di fatto impiegato per portarsi in quota durante le operazioni di stesura di cavi elettrici suddette, durante gli spostamenti di tale attrezzatura da una postazione ad un’altra, stante il rischio di ribaltamento connesso a tale operazione. Cosicché mentre C.C. rimaneva posizionato sul piano in quota del ponteggio su ruote ed il collega O.P. spostava l’attrezzatura verso una nuova posizione di lavoro, spingendola manualmente, improvvisamente, a causa di uno spacco nel pavimento, il trabattello si ribaltava determinando la caduta a terra del C.C. che riportava così le sopradescritte conseguenze lesive.
2. Avverso la predetta decisione ricorre personalmente il C.M. deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione.

Diritto
3. Il ricorso è infondato.
Va premesso in fatto che l’infortunio è avvenuto mentre il C.C., dipendente della ditta “Pentagono Servizi S.r.l.”, si trovava impegnato all’interno del cantiere relativo alla realizzazione del centro commerciale “Freccia Rossa”, intento alla stesura di cavi elettrici sulla soffittatura. Il trabattello sul quale stava lavorando si ribaltava a causa di una buca in occasione della sua traslazione da un punto all’altro, sicché il lavoratore cadeva da un’altezza di circa quattro metri
Con il primo motivo si evidenzia da un lato come il C.C. fosse stato “preventivamente e perfettamente formato ed istruito dal proprio datore di lavoro”, dall’altro che il comportamento imprudente dello stesso lavoratore sarebbe stato tale da interrompere il nesso di causalità.
In ordine al primo aspetto è sufficiente rilevare come, a prescindere da un passaggio della impugnata sentenza in cui si fa riferimento alla “carente formazione ed informazione del lavoratore” (pag. 7), dette omissioni formative non sono oggetto di contestazione, essendo stato invece addebitato al C.M., quale datore di lavoro di aver autorizzato l’esecuzione di operazioni lavorative in altezza, senza premurarsi di controllare personalmente o a mezzo del preposto che le stesse avvenissero in sicurezza. Peraltro che il lavoratore fosse stato debitamente formato è una mera affermazione del ricorrente, non supportata da alcun riscontro.
Quanto al comportamento del lavoratore, il ricorrente sostiene che il lavoratore avrebbe dovuto scendere dal trabattello e spostarlo per poi risalirvi in tutta sicurezza. Si tratta di affermazione avulsa dall’indicazione degli elementi di fatto sui quali si fonda, inidonea in quanto tale a mettere in luce la dedotta violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ritenere che l’imputato, in quanto titolare dell’obbligo di protezione dell’Incolumità e della vita dei propri dipendenti, avrebbe dovuto comunque inibire quel comportamento e che la condotta del lavoratore non potesse ritenersi estranea alle mansioni alle quali era stato adibito.
Anche con riferimento a tale punto, la sentenza impugnata ha fatto buon governo del principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di legittimità, in base al quale il sistema prevenzionistico mira a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, per cui il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento imprudente del lavoratore sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (tra le altre, Sez. 4, n. 23292 del 28/04/2011, Millo, Rv. 250710; Sez. 4, n.7267 del 10/11/2009, dep. 2010, Iglina, Rv. 246695; Sez. 4, n. 15009 del 17/02/2009, Liberali, Rv. 243208; Sez. 4, n.38877 del 29/09/2005, Fani, Rv. 232421), rimarcando come non fosse emersa alcuna estraneità del comportamento del lavoratore rispetto alle mansioni di fatto commessegli.
4. Il ricorso va pertanto disatteso. Ne consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del C.M. al pagamento delle spese processuali

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso nella camera di consiglio del 14 luglio 2015