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Def: Unimpresa, niente spending review, spesa pubblica +22 mld in 4 anni

indexL’analisi sul Documento di economia e finanza. Le uscite continueranno a salire. Cresce di 20 miliardi la “voce” delle pensioni. Il tesoretto dello spread (spesa per interessi sul debito) pari a 4 miliardi sarà utilizzato per finanziare gli sprechi (uscite correnti), in aumento di 34 miliardi. Fisco, stangata da 71 miliardi di euro. Longobardi: “Con questo Def il governo non cambia verso”.

Niente spending review sul bilancio pubblico: nei prossimi quattro anni le uscite dalle casse dello Stato cresceranno sempre, con un incremento complessivo di oltre 22 miliardi di euro. La spesa pubblica passerà dagli 826 miliardi del 2015 ai quasi 849 del 2019. Prevista una impennata per le uscite correnti di 34 miliardi e per le pensioni di 20 miliardi, mentre verranno ridotti gli investimenti pubblici di quasi 7 miliardi e si registrerà un risparmio sul fronte della spesa per interessi sul debito superiore a 4 miliardi: il tesoretto dello spread verrà dunque utilizzato per finanziare gli sprechi. E’ quanto emerge da un’analisi realizzata dal Centro studi di Unimpresa sul Documento di economia e finanza (Def) approvato venerdì dal consiglio dei ministri e diffuso ufficialmente sabato.

Secondo l’analisi del’associazione, la spesa pubblica, che nel 2015 si è attestata a quota 826,2 miliardi, arriverà a 828,7 miliardi nel 2016, a 830,06 miliardi nel 2017, a 837,7 miliardi nel 2018 e a 848,9 miliardi nel 2019. In totale è dunque previsto un incremento di 22,6 miliardi (+2,74%) rispetto allo scorso anno. Sono destinate a salire le uscite correnti (ovvero la spesa per stipendi dei dipendenti pubblici oltre che per appalti relativi a servizi e forniture): si passerà dai 691,2 miliardi del 2015 ai 701,4 miliardi del 2016 ai 704,5 miliardi del 2017 ai 712,3 miliardi del 2018 ai 725,3 miliardi del 2019: in totale l’incremento sarà di 34,09 miliardi in salita del 4,93% sullo scorso anno. In questo ambito, tra il 2016 e il 2019, salirà in particolare la spesa per le pensioni di 20,5 miliardi (+7,95%); la voce legata alla previdenza si è attestata a quota 258,8 miliardi nel 2015 e salirà a 261,6 miliardi nel 2016, a 264,9 miliardi nel 2017, a 272,2 miliardi nel 2018 e a 279,3 miliardi nel 2019.

MENO INVESTIMENTI E TESORETTO SPREAD USATO PER “FINANZIARE GLI SPRECHI”

Nei prossimi quattro anni caleranno gli investimenti pubblici di 6,9 miliardi (-10,47%): la spesa in conto capitale, che nel 2015 si è fermata a 66,7 miliardi, si attesterà a 60,3 miliardi nel 2016 e nel 2017, passerà a 61,3 miliardi nel 2018 e scenderà a 59,7 miliardi nel 2019. Sul versante della spesa per interessi sul debito, è previsto un risparmio, frutto del calo dello spread (differenziale di rendimento tra titoli italiani e titoli tedeschi), di 4,4 miliardi complessivi (-6,48%): su bot e btp, nel 2015 sono stati pagati interessi per 68,4 miliardi, voce che calerà a 66,7 miliardi quest’anno, a 65,1 miliardi nel 2017 e a 64 miliardi nel biennio successivo. Il tesoretto dello spread, dunque, verrà sostanzialmente utilizzato per coprire parte dell’incremento delle uscite correnti, voce del bilancio pubblico dove si annidano gli sprechi.

FISCO, STANGATA DA 71 MILIARDI DI EURO

Quando alle entrate, è prevista una stangata fiscale da oltre 71 miliardi di euro tra il 2016 e il 2019. Nei prossimi quattro anni le tasse aumenteranno sistematicamente e il gettito complessivo supererà quota 855 miliardi rispetto ai 784 del 2015.  Secondo l’analisi dell’associazione, nel 2016 le entrate nel bilancio pubblico si attesteranno a 789,4 miliardi, mentre nel 2017 arriveranno a 805,4 miliardi; nel 2018 si toccherà quota 831,9 miliardi e nel 2019 a quota 855,7 miliardi. Complessivamente il maggior aggravio fiscale su famiglie e imprese sarà pari, nel quadriennio in esame, a 71,4 miliardi con un aumento del 9,15% rispetto ai 784,04 miliardi incassati dallo Stato nel corso del 2015. Aumenteranno sia le imposte dirette sia le imposte indirette: nel primo caso il governo stima una crescita di 11,8 miliardi (+4,90%); nel secondo caso è previsto un aumento di 33,3 miliardi (+13,39%). In totale, le entrate tributarie passeranno dai 492,7 miliardi del 2015 ai 537,7 miliardi del 2019 (2016: 495,1 miliardi; 2017: 510,2 miliardi; 2018: 525,2 miliardi). La pressione fiscale resterà sostanzialmente invariata. Rispetto al 43,5% del 2015, il governo prevede di chiudere quest’anno al 42,8% e il 2017 al 42,7%; nel 2018 nuova salita al 42,9%, livello che sarà confermato nel 2019.

LONGOBARDI: IL GOVERNO NON CAMBIA VERSO

“Con questo documento di economia e finanza il governo di Matteo Renzi certifica quello che ormai sappiamo da tempo: non c’è lotta agli sprechi nel bilancio pubblico, non vengono ridotte le tasse a famiglie e imprese. Insomma, il governo non cambia verso” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

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