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Cassazione Penale: Responsabilità dell’impresa appaltatrice per omesso controllo dell’adozione da parte del sub-appaltatore delle misure di sicurezza

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio nel caso di omesso controllo dell’adozione da parte del sub-appaltatore delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e, comunque, quando si manifesti una situazione di pericolo immediatamente percepibile che non sia meramente occasionale; circostanza ricorrente nel caso in esame dove i lavori appaltati alla ditta G.G. si svolgevano da diversi giorni e risultavano ormai in fase di ultimazione.

Fatto: l. Con sentenza emessa in data 12 gennaio 2017 la Corte di appello di Firenze confermava la pronuncia con la quale il Tribunale di Firenze – sezione distaccata di Empoli – dichiarava, tra l’altro, F.T. responsabile del reato di cui all’art. 590, comma 3, cod. proc. pen. condannandolo alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Inoltre la società EdilF.T. s.p.a., in persona del legale rappresentante, veniva condannata al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria nella misura di euro 1.000,00.
1.1. All’imputato veniva contestato, nella qualità di amministratore delegato della società EdilF.T. s.r.l. nonché di responsabile di cantiere in relazione al lavoro da eseguirsi in località La Sciolta del comune di Gambassi Terme, di avere affidato parte di tali lavori in subappalto alla ditta G.G. senza previamente verificare che tale ditta avesse le necessarie capacità tecniche e di sicurezza sul lavoro, come prescritto dall’art. 36 lett.a) del d.lgs. n. 81/ 2008, tollerando che, nell’ambito del cantiere, i dipendenti della ditta G.G. eseguissero operazioni gravemente imprudenti ed imperite (art. 26, comma 2, e art. 97 d.lgs. n. 81/08). Con tale condotta cagionava lesioni personali a Y.P. che, nell’eseguire la posa in opera della pavimentazione di un edificio, tagliava a mano delle mattonelle con la mola abrasiva – marca Bosh, modello GWS- movimentandola con la mano destra dall’impugnatura laterale e tenendo, con l’altra mano, la mattonella da tagliare.
A sua volta la società EdilF.T. s.r.l. era chiamata a rispondere dell’illecito amministrativo di cui agli artt. 5 e 25 septies d.lgs. n. 231 del 2001 perché F.T. commetteva il reato sopra indicato, in assenza di moduli organizzativi tali da assicurare un controllo sulle modalità di scelta dei subappaltatori e di verifica della sicurezza nei cantieri, nell’interesse esclusivo della società, tenuto conto dei risparmi di spesa derivanti dall’utilizzo di ditte economiche non operanti in regime di sicurezza.
2. F.T. ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza elevando i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza in relazione al verbale di s.i.t. di Y.P. acquisito in violazione dell’art. 512 cod. proc. pen., non ricorrendo l’ipotesi della irreperibilità della predetta persona offesa.
Evidenzia che dagli accertamenti svolti dai Carabinieri risultava che il Y.P. si trovava a Monaco di Baviera per lavoro, come riferito dalla moglie cui non veniva chiesto alcunché in ordine all’indirizzo del marito e al suo numero telefonico.
2.2. Con il secondo motivo deduce l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza in violazione dell’art. 526, comma 1 bis, cod. proc. pen.
2.3. Con il terzo motivo deduce l’inosservanza degli artt. 26 e 36 del d.lgs. n. 81/2008.
Sottolinea che la società EdilF.T. s.r.l., quale appaltatrice, aveva la sola funzione di coordinatrice dei sub – appaltatori ovvero di coordinare il lavoro proprio e quello della ditta G.G., unica subappaltatrice al momento degli accadimenti esistente sul cantiere.
Sostiene che è stato erroneamente applicato l’art. 26 del d.lgs. n. 81/08 che stabilisce la responsabilità dell’appaltatore solo per gli infortuni connessi al mancato coordinamento delle imprese e dell’art. 36 del medesimo d.lgs. che stabilisce che il responsabile della mancata eventuale informazione/formazione è solo il diretto datore di lavoro.
2.4. Con il quarto motivo deduce il difetto di motivazione per travisamento della prova (verbale di s.i.t. del Y.P. e dichiarazioni testimoniali) da cui risulta che la sega a banco era a disposizione dei lavoratori della ditta G.G. e che gli stessi potevano usare entrambi gli strumenti e, dunque, non vi era una situazione di pericolo immediatamente percepibile.

Diritto:1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.
2. Quanto ai primi due motivi si osserva quanto segue.
2.1. La Corte distrettuale, nel rigettare l’eccezione processuale sollevata con l’atto di appello, evidenzia che i Carabinieri avevano verificato che la persona offesa Y.P. si era allontanata dal luogo di residenza unitamente alla propria famiglia per ignota destinazione e per tale motivo non era stato possibile provvedere alla notifica della citazione all’udienza dibattimentale fissata per la sua escussione quale teste di accusa. Dagli ulteriori approfondimenti risultava che il Y.P. si era trasferito per motivi di lavoro a Monaco di Baviera, senza alcuna ulteriore utile indicazione.
Orbene, risulta legittima la decisione del giudice di primo grado di procedere alla lettura delle dichiarazioni del Y.P. contenute nel verbale di s.i.t redatto nel corso delle indagini preliminari in quanto il giudice aveva svolto ogni possibile accertamento sulla causa dell’irreperibilità, risultando esclusa la riconducibilità dell’omessa presentazione del testimone al dibattimento ad una libera scelta dello stesso (Sez. 5, n. 13522 del 18/01/2017, Rv. 269397).
2.2. Si osserva peraltro che la ricostruzione dell’incidente risulta ben delineata dalle altre risultanze probatorie, a prescindere da quanto riferito nel verbale di s.i.t. dal Y.P.. Da ciò consegue che, in ogni caso, non vi sono elementi che facciano ritenere, in applicazione del c.d. criterio di resistenza, che il giudizio conclusivo sarebbe stato diverso qualora i giudici di merito avessero accolto l’eccezione processuale de qua.
3. Il terzo e il quarto motivo sono infondati.
3.1. Dalla ricostruzione operata dai giudici di merito emerge quanto segue.
L’attività edilizia che era in corso nel cantiere ove si è verificato l’infortunio, consistente nella realizzazione di più edifici destinati ad agriturismo, era stata appaltata alla società EdilF.T. s.r.l. che, una volta completata l’attività costruttiva, aveva subappaltato le rifiniture ad altre ditte, tra cui quella di cui è titolare G.G..
L’incidente si era verificato verso le ore 10.00 del 14 febbraio 2011 mentre il Y.P., operaio dipendente della impresa di cui era titolare il G.G., procedeva ad eseguire la posa in opera delle piastrelle di un porticato esterno al piano terreno dell’edificio in costruzione. Per tagliare a misura le piastrelle egli stava utilizzando una mola elettrica manuale nella quale aveva inserito il blocco dell’accelerazione, tale da poter far ruotare il disco anche tenendo la macchina con la sola impugnatura laterale, invece che con entrambe le mani. Nel compiere tale operazione al Y.P. sfuggiva la mola che andava a colpire due dita della mano sinistra, procurandosi lesioni guarite in circa quattro mesi (sub – amputazione parziale di un dito e frattura con ferita da taglio di un altro).
Risulta comprovato che lo strumento utilizzato non era idoneo per quella operazione, in quanto privo del dispositivo di sicurezza previsto nel relativo manuale d’uso nel quale era previsto espressamente di «assicurare il pezzo in lavorazione: un pezzo in lavorazione può essere bloccato con sicurezza in posizione solo utilizzando un apposito dispositivo di serraggio, oppure una morsa a vite e non tenendolo semplicemente in mano».
I giudici di merito pervenivano ad affermare la responsabilità del datore di lavoro G.G. per avere fornito un attrezzo privo del doveroso accessorio che ne doveva eliminare la pericolosità, oltre che di una adeguata informazione e formazione del lavoratore. Né, alla stregua delle ampie e logiche motivazioni contenute nella sentenza impugnata, si ravvisa il dedotto travisamento della prova che, secondo la giurisprudenza di legittimità, ricorre solo qualora il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale; oppure se sia omessa la valutazione di una prova ai fini della pronuncia (ex plurimis Sez.6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774). Il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve avere inoltre carattere di decisività.
Peraltro, tenuto conto della concreta dinamica dei fatti, il Tribunale di Firenze – sezione distaccata di Empoli – aveva correttamente ritenuto ininfluente accertare se fosse presente o meno sul cantiere la sega circolare a banco che poteva, in ipotesi, essere usata in alternativa per lo svolgimento di tale lavorazione.
3.2. Il giudizio di responsabilità del F.T., nella qualità di amministratore delegato della EdilF.T. s.r.l., impresa appaltatrice dell’intera costruzione degli edifici e anche formale responsabile del cantiere, per i fatti di cui al capo di imputazione, risulta pronunciato in aderenza ai principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimità ed è congruamente e logicamente motivato (Sez. 4, n. 23171 del 09/02/2016, Rv. 266963, Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015, Rv. 264974).
Ed invero, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio nel caso di omesso controllo dell’adozione da parte del sub-appaltatore delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e, comunque, quando si manifesti una situazione di pericolo immediatamente percepibile che non sia meramente occasionale; circostanza ricorrente nel caso in esame dove i lavori appaltati alla ditta G.G. si svolgevano da diversi giorni e risultavano ormai in fase di ultimazione.
4. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M: Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 01 febbraio 2018

FONTE: Cassazione Penale

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